(articolo pubblicato su Linkiesta) Prendi una borsa o una maglia di lana. Puoi farle a mano con ferri e gomitolo, o usando la tecnologia con una macchina a controllo numerico e una tagliatrice laser, e magari confezionarle con un bel circuito o microchip da collegare allo smartphone. «Basta puntare sulla realizzazione di un oggetto finale concreto e anche le donne possono essere interessante al mondo dei maker», dice Zoe Romano, fondatrice del laboratorio WeMake e protagonista della due giorni “Makers al femminile-Fashion goes interactive” al Museo della scienza di Milano (8 e 9 novembre). «Se organizzo incontri in cui si dice “impara a usare questa tecnologia”, mi ritrovo solo maschi. Se dico “impariamo a costruire una lampada con una stampante 3d”, mi trovo anche le donne». Cambia l’approccio, ma la tecnologia resta, contro ogni stereotipo di genere che vuole le donne poco inclini alla scienza e gli uomini poco abili nel saper fare manuale.